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La storia di Graziella -3: via dal Fuan, per noia

Riprende, dopo qualche giorno, la storia di Graziella, neofascista immaginaria, e della sua passione politica delusa da Fini, la cui prima puntata aveva scatenato una discussione accanita nella mia pagina di Facebook, a partire dal titolo (forzato da me, come al solito e contestato dall'autrice) e passando per la qualificazione dell'oggetto e del soggetto stesso, generando la necessità di un chiarimento "generazionale", che Graziella ha posto come premessa alla seconda parte della storia. Ecco invece la terza parte della sua storia.

Diciamoci la verità io per mia stessa ammissione non sono mai stata una gran compagnona, se non con gli amici di sempre, quelli con cui cresci. Per cui nei movimenti giovanili mi sentivo una scheggia impazzita e nemmeno con tanta difficoltà lo nascondevo, anzi. Io non capivo dove stavo andando e non permettevo nemmeno agli altri di capirlo e quando erano li li per capirlo io me ne andavo.
 Me ne andai dal FUAN perché mi annoiavo, e non vi sembri una bestemmia, non avevo voglia ne di combattere e ne la notte trascorrere il tempo a imbrattare i muri con le scritte “ fuori i rossi dalla C. Alfieri ” e non mi andava di stare li morta di freddo a dare volantini , che io perché la più piccola non contribuivo a creare, ma perché più piccola dovevo consegnare. E di buona lena a malincuore stavo lì e mi beccavo gli insulti di alcuni ed il saluto di altri. Alla fine lo sapevo, anche loro come me avrebbero preso quel volantino e poi lo avrebbero stracciato. 
Intanto AN ai miei occhi non era diventato altro che un partito come gli altri, dedito al potere, composto da carrieristi , insomma una barca bella che navigava in un mare sporco e tu dovevi sapere nuotare per raggiungerla e non perdere l’occasione e nel frattempo dovevi essere bravo a non affogare nello sporco. Ma io di nuotare in un mare sporco non avevo nessuna voglia. Non era vero che se arrivavi sulla barca bella diventavi bello anche tu, quando attraversavi lo sporco , il letame ti sarebbe rimasto attaccato per sempre. Iniziai a provare quasi un senso di disgusto ad ogni incontro con i “grandi”. 
Vedevo gente con la cravatta, la valigetta , tutti a sgomitare per i posti in prima fila, perché il Presidente doveva vederli. Loro erano lì e alla fine dovevano salutarlo. Alla fine l’obiettivo primario di tutti era: FARSI VEDERE. Questa è politica, mi sentivo dire. Io la odiavo. La poltrona, altro che l’ideale. Svenduti e venduti, gente che non aveva nessuna dignità , gente che stava sempre attorno al Presidente. Questa cosa, questa gente, questo ambiente a me non piacevano. Io ero sì una fan, ma non ho mai cercato di avvicinarmi al Presidente, mai cercato di dargli la mano, onestamente a me per quanto lo stimassi, ”toccarlo”come un santino e farmi vedere , non me ne fregava niente. Vado un attimo indietro nel tempo. Quando il MSI si sciolse io di anni ne avevo tredici e vidi in quei giorni la disperazione negli occhi di mio zio che io in quel momento non comprendevo. Ma le cose sono destinate sempre a ritornare, specie quelle che non capisci nel presente, nel futuro saranno sempre più chiare. Lo furono anni dopo. 
Quando Fini si alleò con Berlusconi per me fu il primo colpo che lui ai miei occhi si diede da solo. La mia stima non era più pulita. Per me Berlusconi era quello che era, Fini aveva una storia che nel bene e nel male che aveva fatto parte dell’Italia. Berlusconi a come lo vedevo io, era un ottimo venditore di detersivi che la gente comprava solo perché attirata dai colori più belli. Così si alleò con il venditore ambulante ed iniziò a diventare (Fini) quello che guidava il furgoncino . Colpo su colpo. Nel 2006 venni a Roma, ma con la politica avevo chiuso, e non credo di aver mai aperto, a questo punto. Andai ad Atreju ad ascoltare Walter Veltroni e Gianfranco Fini . Non mi interessava più niente della politica. Mi piaceva ascoltare i dibattiti. Forse questa era sempre stata la mia passione: ascoltare i politici!

Non ricordo esattamente che cosa si dissero, ma ricordo che poco e poco allora già andavano d’accordo. Finito il tutto stavo cercando, insieme ad un mio amico la via di fuga per non rimanere impigliati in mezzo alla gente che avrebbe assalito il Presidente con la solita ricerca osannata di una foto e di una stretta di mano, e proprio a lui, che caratterialmente era poco portato verso la gente. Ad un certo punto uno delle sue guardie del corpo, non lo scorderò mai, mi diede quasi una piccola spinta per allontanarmi dal Presidente, che io di spalle onestamente non avevo visto, ma ci stavo finendo addosso. Per il brutto carattere che mi ritrovo presi questa guardia per il braccio dicendo una cosa tipo “ Non mi toccare, non ti permettere” in maniera molto calabrese. Allora Fini vedendo la scena disse alla sua guardia di lasciarmi stare. Avevo grossi, se non orribili occhiali da sole, allora .Non ringraziai nemmeno il Presidente ero talmente incazzata con la guardia che aveva osato toccarmi che sarei tornata indietro a gonfiarlo di pugni (scusate la violenza).
Smaltita la rabbia e girovagando su internet trovai l’indirizzo del Presidente. E dissi fra me e me” e perché no, scriviamo”. Di quella mail ricordo l’inizio più o meno “Caro Presidente, non so se ricorda sono quella ragazza con enormi occhiali da sole che la sua guardia stava quasi “strattonando”….
E giù di lì una serie di critiche pesanti. Che mi aveva deluso perché stava con Berlusconi, insomma solita roba da ragazzina che ha perso una speranza. Sempre per presunzione, io ero convinta che mi rispondesse, scrivevo bene allora, avevo sempre convinto tutti, ma non credevo che mi mandasse a chiamare. 
Quando ricevetti la chiamata della sua segretaria, vero, andai nel panico totale. La chiamata arrivò il 19 Settembre, l’appuntamento era il 19 Ottobre. Per un mese non ho vissuto, diciamolo chiaramente, perché pensavo che sicuramente mi avrebbe dato bidone, o nella migliore delle ipotesi avrei trovato qualcun altro. Insomma che lo incontravo non si poteva nemmeno raccontare in giro e nemmeno potevo raccontarlo a me. Io non ci credevo e non potevo sperare che gli altri lo facessero, se non al mio migliore amico. Non lo dissi nemmeno ai miei genitori la loro risposta sarebbe stata sicuramente “semp cu stu Fini a vita tuja” che detto in italiano sarebbe: sempre a parlare di Fini passi la vita tua…Ed avevano ragione...stava passando una vita...ed oggi è "una vita fa"...(3-segue)

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