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Scontri tra Tpo e Casa Pound: concluse le indagini

E' arrivata a conclusione l'inchiesta per gli scontri del 21 febbraio 2009 tra una ronda del Tpo e un gruppetto di militanti di CasaPound Bologna. Hanno ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini tre autonomi, Gian Marco De Pieri, padovano, leader "storico" del Centro sociale Tpo, Lorenzo Piazza, Fabiano Di Berardino e un neofascista, Carlo Marconcini, attuale leader del gruppo bolognese. Di Berardino è accusato anche della tentata violenza privata in concorso con un altro giovane in via di identificazione, per minacce a un commerciante che si era rifiutato di affiggere in vetrina il volantino che chiedeva la chiusura di Casa Pound. Le convergenti testimonianze dei commercianti presenti a via Castiglione hanno escluso che si sia trattato di una rissa.
Un gruppo di una dozzina di militanti del centro sociale avrebbe intimato ai ragazzi di destra fermi davanti ad un bar di sgomberare, poi sarebbe partita l'aggressione. Sulla base di una denuncia di De Pieri è stato indagato per lesioni aggravate e porto di strumento atto ad offendere Marconcini, che avrebbe tirato un colpo con la cinghia a De Pieri dopo aver visto Alessandro Vigliani, all'epoca responsabile di Casa Pound, finire a terra dopo l'aggressione. Gli esponenti del Tpo lamentano invece di essere stati attaccati a sorpresa e parlano di "un vittimismo" di Casa Pound che sarebbe stato così premiato. Tace, invece, Marconcini, tornato alla ribalta della cronaca in occasione della recente conferenza di presentazione del manifesto dell'Estremocentroalto, segnata dalle successive defezioni dei professori Pasquino e Bonaga. Vicenda ricostruita così - qualche giorno fa - dal Corriere di Bologna, riesumando tra l'altro una vicenda professionale che ha visto per ben due volte Marconcini "tagliato" dai servizi di security di locali gestiti dall'Arci (per l'esattezza uno dall'Arci e uno dal responsabile delle Feste dell'Unità) per la sua collocazione politica. 
Il capo di CasaPound «licenziato» dall’Arci 
E Bonaga segue Pasquino: da loro non vado
Messo alla porta e bollato come indesiderato. È un momentaccio per Carlo Marconcini, 25 anni, giovane leader dei neofascisti di Casapound, ora alle prese con la retromarcia del politologo Gianfranco Pasquino,
convinto dagli studenti di Bartleby e del Tpo a disertare l’incontro pubblico sul manifesto politico del gruppo d’estrema destra. Prima del gran rifiuto c’era stato un altro voltafaccia, non meno rumoroso.
Succede che Marconcini, studente di agraria e titolare di un’azienda agricola in provincia, lavora anche come bodyguard per un’agenzia che ha in appalto i servizi di sicurezza dei locali della notte. Nell’ultimo anno però il Millenium di via Riva Reno e l’Estragon di via Stalingrado,  entrambi affiliati all’Arci, gli hanno dato il benservito, dicendo chiaramente all’agenzia che non era gradito. C’era un problema di opportunità e pazienza se si tratta di lavoro e nient’altro, basta il nome e quello che rappresenta. «Quello del servizio d’ordine è un ruolo delicato, se ci si mette di mezzo la politica possono nascere problemi, meglio evitare — rivendica Lele Roveri, responsabile delle feste del Pd e presidente dell’Estragon —. Non ricordo il caso specifico ma se è
andata così è stata una decisione di buon senso: per il tipo di pubblico che abbiamo, tutto orientato a sinistra, era una soluzione inopportuna».
Lo stop, dopo cinque mesi, è arrivato all’inizio dell’anno: «A febbraio, dopo la finta bomba alla sala dell’Angelo (un falso allarme durante la presentazione di un libro, ndr) — ricostruisce Marconcini —. Parlai sui giornali e pochi giorni dopo il titolare dell’agenzia mi disse che il responsabile della discoteca gli aveva detto che non era opportuno che lavorassi all’Estragon. Non feci polemiche e non ne faccio ora, anche perché non ho rubato né spacciato, semmai sono loro a fare una pessima figura». La storia si è ripetuta a giugno con il Millenium. Stessa motivazione e identico imbarazzo nel constatare che nella security del locale figurava il numero uno dei neofascisti: «Anche lì ho lavorato per cinque mesi e nessuno si è lamentato. Ripeto, non ho nulla da nascondere e per fortuna la mia agenzia mi ha trovato da lavorare altrove».
Ieri sera, intanto, dopo un confronto serrato con gli esponenti del Tpo, anche Stefano Bonaga ha gettato la spugna. Non sarà alla conferenza di oggi: «Rinuncio a malincuore perché mi piacciono le discussioni
pubbliche — dice il filosofo —. Ho letto il dossier del Tpo e c’era il rischio di legittimare con la mia presenza comportamenti inaccettabili messi in atto soprattutto da Casapound Roma». Sarà invece domani
all’assemblea del Tpo: «Bonaga ha cambiato idea, si è assunto una responsabilità e questo gli fa onore», dice Gianmarco De Pieri, leader del centro sociale.

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