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L'omicidio di Sergio Calore/2- Una personalità nel segno della doppiezza

Questo è il ritratto di Sergio Calore, scritto per la prima edizione di "Fascisteria"(Castelvecchi, 2001). Ho apportato solo qualche correzione in punta di fatto, su particolari rivelatisi imprecisi o incompleti.
Molti anni prima di diventare un pentito, Sergio Calore aveva già collaborato con le forze dell'ordine. Il gruppo dei Castelli romani - che è gonfio di velleità rivoluzionarie - e di cui è il massimo esponente, ha ereditato da Ordine Nuovo i rapporti con le Forze Armate, che in provincia sono rappresentate dai Carabinieri. Anni dopo Calore lo ammetterà, testimoniando, al processo di Bari, contro Freda,
che aveva fatto sfregiare - da Egidio Giuliani - nel carcere di Novara per punirlo dei rapporti con i servizi segreti, nello stesso periodo in cui stava finendo di scrivere un libro per le edizioni di AR[Sergio Calore, La società tecnologica, Edizioni di AR, Vibo Valentia 1982]. Il libro sarà  ritirato dal catalogo dopo il suo “pentimento". Un personaggio capace di grande doppiezza, ai limiti della schizofrenia, Calore. Segnato da una presenza materna soffocante, riuscirà a sfuggirle, sul piano pratico, sviluppando una notevole capacità di menzogna (e di autoinganno) che gli ritornerà utile sul terreno della poli­tica - e poi della collaborazione giudiziaria - eppure si trascina dentro la scimmia della sua presenza che si manifesta in un’irresistibile pulsione a uccidere (simbolicamente) padri e fratelli maggiori. E in un’evidente paura delle donne che crea la diceria tra i camerati di una verginità che ha il segno dell’omosessualità male occul­tata. In una discussione/processo imbastito dal "bombarolo" del Movimento rivoluzionario popolare, Marcello Iannilli, nel G7 di Rebibbia, Calore si giustificò: se stava dietro a Valerio Fioravanti nelle sue “ricostruzioni infami e strumentali” era per ragioni di cuore. Il triangolo politico-sentimentale Fioravanti-Calore-Izzo era argomento primario di conversazione all’epoca (la fine dell'83) nel circuito dei carceri speciali per il diffuso, malcelato timore di un suo mutamento in aperta collaborazione (come poi puntualmente accadde per due dei tre protagonisti). La giustificazione fu accettata: chi lo conosceva confermò che già da fuori... Qualcuno ricordò che anni prima, al G9, si faceva massaggiare con i piedi da un efebico militante di Cla. Non era il solo: la fraternizzazione tra “rossi” e “neri” nell’area omogenea di Rebibbia passò anche attraverso una storia d’amore tra un leader dei Nar, bellis­simo, dichiaratamente bisessuale e un tozzissimo (baffi, nasone e pelata) dirigente di Prima Linea. Per Calore c’è infine la sfolgorante scoperta della donna, nel carcere di Palliano, la brigatista Emilia Libera che all’uscita del carcere ha sposato.
Dopo un infantile passaggio anarchico, Calore è iniziato alla milizia nel Circolo Drieu La Rochelle. Iscritto alla facoltà di Sociologia e poi, per scelta politica, operaio della Pirelli, è l'allievo prediletto di Paolo Signorelli. Quando il professore, trasferito a Roma, allenta la presenza a Tivoli ne è il successore naturale. Il sodalizio funziona alla perfezione. Il nucleo tiburtino, passato indenne per le maglie dello scioglimento d'ufficio d’Ordine nuovo, è la dote personale che Signorelli si gioca nell'unificazione con Avanguardia Nazionale. Non immagina che, alla prima stretta, quando Concutelli pretende la leadership dopo l’omicidio Occorsio, Calore sarà pronto a tradirlo e si schiera su­bito con il più forte. E’ soltanto il primo di una serie di giri di valzer. Dopo l’arresto di Concutelli, infatti, l’operaio volerà a Londra da Clemente Graziani, il leader ordinovista latitante, per chiedere la luogotenenza. Al rientro in Italia si sforza di garantire la latitanza di Paolo Bianchi, il “Giuda da pascolo” che ha “venduto” Concutelli. Gli trovano una foto del leader di ON per un documento falso ma non lo denunciano neanche. An­che nella vicenda di Costruiamo l’azione, il gruppo che rappresenta la continuità dell'esperienza ordinovista, divorato dalla voglia di primeggiare, Calore brucia i ponti con la vec­chia guardia per poi bruciarsi lui al debutto militare. Stringe da subito un patto di ferro con il pupillo di De Felice, Paolo Aleandri. Istruiti dalle inquietanti frequentazioni, dalla P2 ai Carabinieri, i due “marcano” a rivoluzionari duri e puri, “figli del ’77”, fautori del fronte unico con l’Autonomia operaia. Emarginano ben presto Signorelli, sfruttano politicamente un’autonoma banda armata, il Movimento rivoluzionario popolare, nata nell'area di Cla. Come racconta infatti il fondatore del Mrp, Lele Macchi, in un paio di casi, Calore sforna volantini di rivendicazione non concordati con gli operativi del Mrp, che si è specializzato in attacchi contro obiettivi simbolici del potere (il Campidoglio, la Farnesina, Regina Coeli, il Csm) eseguiti con uso di ingenti quantitativi di esplosivo ma senza fare (quasi) danni alle persone, grazie al rapporto con un professore universitario grande esperto della materia. Gli attentati sono rivendicati con brevi messaggi, usando parole d’ordine e linguaggio da “sinistra armata”. Avendo operato uno come informatore dei carabinieri, l’altro come agente di collegamento con Gelli, avranno la faccia tosta - da “pentiti” - di sostenere che hanno rotto con i vecchi leader quando si sono convinti che erano subalterni a logiche di potere. Regolati i conti con gli uomini, Calore passerà a farli con l’intero ambiente, ridefinendo la propria identità politica in senso antifascista. Signorelli, il “cattivo mae­stro”, ne conserva un giudizio positivo: “Calore, pur se autodidatta, è una mente acuta ed è persona che ha letto molto. Era un operaio ma aveva interessi culturali e un po’ per volta cominciò ad assimilare teorie recenti, come quella dei bisogni, e mi manifestò la sua convinzione che per una efficace lotta al sistema l’unica via fosse quella dell’Autonomia”. Freda, che pur si avvale della sua collaborazione per le edizioni di Ar quando già era manifesta la sua “deriva” ne prende le distanze: “Non esisteva alcun’affinità tra me e il Calore sotto il profilo dottrinario, ideologico, politico e di temperamento. La visione del mondo di Calore era opposta alla mia, perché Calore era antimetafisico, ateo, razionalista, evoluzionista, progressista, antiautoritario, anarcoide, antinazifascista. Al polo opposto mi situavo e mi situo io. Si esprimeva in termini altamente irriverenti nei confronti dei leader delle rivoluzioni nazional-popolari che io venero: Codreanu, Hitler e Mussolini”

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