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Compagni, vi esorto al revisionismo - 1

La campagna per l'introduzione di una legge che sancisca la natura penale della ricerca storiografica negazionista usa impropriamente l'argomento forte dell'antisemitismo. Ma se restiamo al professor Moffa, protagonista involontario dell'ondata di sdegno antirevisionista, è un marxista dogmatico e scolastico, che invoca Stalin e il Marx della "Lotta di classe in Francia". E quindi vi ripropongo questo saggio breve, pubblicato su "Il resto del siclo", n.28 del 2008, un almanacco revisionista, in cui spiega gli interessi della compagneria a sostenere le ragioni della ricerca revisionista.  Ho diviso il testo in due parti e le posizioni di Moffa, che è un marxista della cattedra sul Vicino Oriente hanno poco a che vedere con lo sterminio e molto sui temi caldi della globalizzazione e dei conflitti Nord-Sud dopo la fine del mondo bipolare.

CINQUE BUONE RAGIONI PER NON FARSI TRASCINARE (DAL LIVORE ALTRUI) IN UNA
BATTAGLIA NON SOLO ILLIBERALE MA ANCHE ANTISOCIALISTA di Claudio Moffa
Il marxismo e i marxisti sono di tanti tipi, e come sempre ciascun indirizzo di pensiero pretende di rappresentare quello e quelli veri: ma nonostante le diversità di questo movimento di idee ancora vivo in Italia e in Occidente, riesce difficile, e anzi direi impossibile, infilarci il cosiddetto Olocausto e le azioni squadriste in suo sostegno: riesce cioè difficile compatibilizzare con gli ideali socialisti, si badi bene, non la sacrosanta denuncia dei crimini del nazismo, ma il dogma dell’Olocausto e il sostegno a chi impone con la violenza o con leggi di stato la censura sulla ricerca storica e sulla libertà di opinione.
I motivi dell’incompatibilità fra le due weltanschauung sono almeno cinque:
1. Il dogma dell’Olocausto non si fonda solo su una pericolosa fissità dei dati storici raggiunti, a cominciare dalle cifre e dalle modalità delle stragi, ma anche sul mito razzista dell’unicità della tragedia e delle sofferenze degli ebrei durante la II guerra mondiale. Questa mistificazione storica, che si è enormemente diffusa negli ultimi due decenni man mano che cresceva a livello internazionale – dopo la scomparsa dell’Unione sovietica – il potere di condizionamento di Israele su quasi tutte le potenze e i paesi “forti” del pianeta (Urss, famiglia finanziaria di Eltsin; Usa, distruzione dell’isolazionismo e filosauditismo repubblicani, emergenza della “lobby ebraica” e strapotere massmediatico sulla Casa Bianca, dal caso Lewinsky al cristiano-sionismo di Bush jr.; Italia, Tangentopoli e fine del centrosinistra Craxi-Andeotti, i due protagonisti di Sigonella; Francia, fine sostanziale del gaullismo filo arabo già negli ultimi anni di Chirac, e ancor più dopo il duello elettorale fra i filoisraeliani Sarkozy e Ségolene; Europa, posizione su Hamas; Africa, rilancio della presenza di Israele in controtendenza rispetto alla svolta del 1973, in Ruanda, Etiopia - e dunque Somalia - Eritrea, Costa d’Avorio, Uganda e – attraverso le guerriglie del Darfur – in Sudan; etc etc) ha finito per “tribalizzare” la lettura della II guerra mondiale e della stessa Resistenza italiana: due eventi storici che videro come vincitori e come vinti una pluralità di componenti, e che invece sono stati monopolizzati ormai – grazie al bombardamento mediatico quotidiano sull’Olocausto – dalla sola Shoah, e da una lettura quasi solo vittimista-concentrazionaria della stessa lotta di liberazione italiana.
Due considerazioni su quanto appena detto: la prima riguarda l’effetto simbolico di questa tendenza non solo reazionaria ma anche antiscientifica: vengono infatti offuscati dalla centralità ossessiva del cosiddetto Olocausto, il contributo dell’URSS alla lotta contro il nazismo, i 20 o forse più milioni di morti sovietici durante la II guerra mondiale, e la funzione storica della battaglia di Stalingrado. Stalin – che peraltro, dopo la visita di Golda Meir a Mosca, dedicò gli ultimi anni della sua vita a contrastare il filosionismo in Unione sovietica – si rivolterebbe nella tomba a sentire certi suoi seguaci difendere gli aggressori di Teramo.
La seconda considerazione si riassume nella seguente domanda: il ridimensionamento della centralità dell’Olocausto, la riduzione (certo non pre-stabilita per faziosità e pregiudizio, ma conseguente ad una ricerca storica onesta!) del numero delle vittime ebree fino ad esempio alle 800.000 proposte da Garaudy, minerebbero o esalterebbero il ruolo dell’Urss nella seconda guerra mondiale? Ovvero: il dogma dell’Olocausto è forse consustanziale con gli interessi del movimento operaio, qualcosa insomma la cui critica storiografica metterebbe in pericolo la sinistra e le forze democratiche? È assurdo rispondere affermativamente a questa domanda.
2) Altrettanto assurdo sarebbe rispondere affermativamente anche a un’altra consimile domanda: il dogma dell’Olocausto è forse consustanziale alla difesa della laicità, altro valore caro a molta sinistra marxista e non? Non di certo: al contrario, a cominciare dal termine utilizzato, il dogma dell’Olocausto veicola la diffusione di un micidiale integralismo ebraico che non è da meno di quelli musulmano o cattolico; e che. se da una parte è quello che impedisce una soluzione di pace giusta in Palestina, in Occidente è uno dei principali fattori della degenerazione della laicità in laicismo: una pseudo laicità che critica sempre la Chiesa e la Moschea, ma mai la Sinagoga. Un integralismo, quello sionista, che pretende di sacralizzare l’intero popolo ebraico attraverso il dogma olocaustico rendendo così ogni suo atto incriticabile, come tanti cittadini e tantissimi militanti democratici e di sinistra hanno sperimentato, in questi ultimi anni, sulla propria pelle, grazie all’accusa facile di “antisemitismo”.
Di nuovo, e ovviamente: questo non vuol dire che “allora” si “devono”, per demitizzare gli stermini di ebrei durante la II guerra mondiale, dire falsità, perchè il prius di ogni argomentazione è una ricerca storiografica libera e onesta, tale da separare i fatti dalle opinioni. Vuol dire semplicemente che eventuali risultati controcorrente rispetto alla vulgata imposta dai poteri forti mediatici e dalle aggressioni di piazza, non costituirebbero di certo un pericolo per la sinistra, ma anzi ne libererebbero la laicità e la capacità critica.
3) Ma i revisionisti olocaustici sono onesti? Sono di destra? Sono nazisti? E se si risponde affermativamente come è possibile che siano portatori di una buona causa per la democrazia e la sinistra? Cominciamo dall’ultima domanda: Marx era un ammiratore di Balzac, scrittore non certo progressista per i canoni dell’epoca. Per scrivere il Capitale non si è certo autocensurato evitando di considerare attentamente i rapporti ministeriali sul lavoro nelle fabbriche o gli studi “borghesi”: al contrario, li ha saccheggiati a man bassa, rielaborandoli criticamente. Questa – al di là della veridicità di alcune sue conclusioni: i noti “errori”, e non da poco, di Marx sull’esaurimento progressivo dei conflitti nazionali e sulle prospettive rivoluzionarie in Inghilterra – è vera libertà di ricerca, questa è laicità, sempre e comunque, e non l’atteggiamento bacchettone di chi demonizza studiosi spesso molto seri, ricchi di curricula sostanziosi, portatori comunque di “unità di notizie” spesso ignote a tutti coloro che criticano, senza sapere nulla, il “negazionismo”.
Se questo or ora detto fu l’atteggiamento di Marx rispetto alla ricerca economica e storica, perché mai oggi dovrebbe essere aprioristicamente rifiutato, e fino all’acclamazione delle leggi liberticide di Francia ed Europa, lo studio dei lavori dei cosiddetti negazionisti? Secondo quale logica, se non una logica autolesionista della capacità critica degli intellettuali e militanti, che dovrebbe essere il fiore all’occhiello di quale che sia marxista? Una logica “di classe”? Non credo proprio, vedi quanto argomentato al punto precedente: l’illogica “logica” sarebbe solo di natura integralistico-religiosa. Passiamo alle altre due iniziali domande: l’onestà la si verifica solo studiando e conoscendo i testi dei revisionisti olocaustici, e non certo accettando fideisticamente i dettami delle bolle di scomunica di chicchessia; quanto al chi sono, il Corriere della Sera intervistò nei lontani anni Ottanta Robert Faurisson, il quale dichiarò due cose: che i morti ebrei ad Auschwitz erano stati 125.000, e che lui – che rispondeva a una precisa domanda – votava socialista. Non so oggi – dopo la persecuzione giudiziaria quasi trentennale subita, soprattutto a seguito della legge del socialista Fabius e del comunista (!!) Gayssot che vieta la “negazione” dell’Olocausto – cosa lo studioso francese voti, e francamente non mi interessa. Mi interessano solo i fatti e le interpretazioni dei fatti che propone come frutto di uno studio pluridecennale: fatti e interpretazioni che poi mi ritengo libero di rielaborare. Magari aiutato da un suo contraddittòre, qualcuno che sia disposto a controbattere alle sue elaborazioni. Ma sembra che non ci sia, perché appena ci sono aperture in questo senso, il coraggioso di turno riceve email e segnali di minaccia. Questo è il vero fascismo della nostra epoca, e forse qualcosa di più: totalitarismo. (1-continua)

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