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9 settembre 1980: l'omicidio Mangiameli - 3

Questa è la seconda parte della ricostruzione dell'omicidio di Ciccio Mangiameli, il leader di Terza posizione ucciso dai fratelli Fioravanti 30 anni fa, nel libro "Guerrieri. 1975-1982 Storie di una generazione in nero" (Immaginapoli, 2005). Essendo il volume dedicato allo specifico della lotta armata di destra la vicenda è molto più approfondita e quindi ho diviso ulteriormente il testo in due parti.
Qui potete leggere la prima parte.
La sentenza di appello riduce l’attentato a una semplice vendetta personale, escludendo la finalità di terrorismo. Al secondo processo di Bologna Francesca accusa Cristiano: non aveva aspettato la fine del chiarimento e aveva sparato per catturare la benevolenza del fratello. Una giustificazione smentita da Soderini: una settimana prima – aveva riferito – Vale gli aveva confidato che era stato decisa l’esecuzione e che a lui sarebbe toccato procurare la macchina e forse anche partecipare. Per l’occasione la Mambro si impegna nella ricostruzione storica e nel chiarimento della loro traiettoria poli­tica e umana. In questo quadro chiede un colloquio con la vedova di Mangia­meli che aveva appena deposto in aula. Le donne si appartano in una stanzetta at­tigua e parlano per 20 mi­nuti. In aula si sentono urla e strepiti. Al termine Sara Amico si rifiuta di parlare alla stampa. Lei non si tira indie­tro: “Ai tempi del de­litto avevamo 20 anni, forse oggi saremmo meno duri, meno ri­gidi. Ma allora si ammazzava per molto meno. Volevo spiegare alla moglie che abbiamo ucciso Mangiameli perché non aveva ri­spettato certe regole. Non saprei dire se ha ca­pito o no. Certo mi ha fatto pena. In fondo lui è morto a causa no­stra”.

Diversa è l’immagine che di Mangiameli offrono i suoi sodali. Enrico Tomaselli, il vignettista della Vice della fogna che finirà in galera per gli ultimi fuochi dei Nar, lo descrive così: “Anche in tempi non sospetti (1969-70) sul terreno politico aveva posizioni etichettabili di “sinistra”, che in qualche modo potevano prefigurare Tp. A Palermo la situazione era particolare. Tranne l’episodio del Fronte nazionale non c'è mai stata Avanguardia, né contiguità con strutture golpiste o apparati dello Stato. La repressione era più dura perché eravamo capaci di mobilitare migliaia di persone. Per la stessa cosa a Roma ti facevi una settimana di galera, a Palermo 6 mesi. Nel 1974 percepiamo un clima più pesante ma la cosa per noi è meno traumatica, siamo stati abituati a portare la gente allo scontro diretto con la polizia e non ad assaltare la sede dei compagni con l'aiuto delle forze dell’ordine. A Palermo si era creato un dualismo tra il Fuan di Concutelli  e Mangiameli e il Fdg di cui ero segretario regionale. Si giocava a sottrarsi militanti sul terreno della piazza, delle mazzate con i compagni e questa cosa ci ha creato problemi. La svolta reale è tre anni dopo la grande repressione, nel 1977, quando l’area che ha seguito Concutelli in Lotta popolare si rigenera in un progetto di indipendentismo siciliano che guarda con attenzione ai socialismi nazionali del Sud del Mediterraneo mentre Ciccio resta più legata a una continuità ordinovista. Per quanto possa esistere continuità in una realtà separata come la Sicilia”.

Per Adinolfi “il personaggio politico è difficile da descrivere, perché è tipicamente siciliano, un altro mondo rispetto al resto d'Italia. Il rapporto umano-politico tenuto nell’isola a livello di assemblea, di contatto con il pubblico, con gli amici e con gli avversari è atipico. C’è un aspetto di ponderatezza, calma e professionalità, sempre accompagnata da un pizzico di inventiva un po’ kitsch e un po’ folle. Mangiameli è il primo a prendere posizione netta in favore degli autonomi arrestati il 7 aprile. Ideologicamente è centrato, un rivoluzionario tradizionalista, mentre sul piano umano era di una simpatia enorme, di una profonda cultura, di una grande carica”.

Il fondatore di Terza posizione, condivide l’ipotesi degli inquirenti che ricollega il delitto alle torbide manovre in atto da parte dei servizi segreti: “Questo omicidio è molto sinistro nella sua espressione e ambiguo nell’ottica. Non può essere estrapolato dalla strage della stazione che è subito attribuita ai fascisti mentre la P2 cerca di indirizzare le indagini per colpire gli elementi di autonomia nera, Tp e Fuan. Tra gli inquisiti manca una personalità come Fioravanti mentre i mandati di cattura interessano molti personaggi di minor spicco dello stesso ambiente. La bomba di Bologna nasce probabilmente con tutt’altra logica, e per quanto mi concerne io indagherei sulle mezze verità e mezze bugie dette dal pentito Ciolini e sulle responsabilità della superloggia di Montecarlo. Dopo l’“attentatone”si sviluppano scontri interni al sistema riguardanti le persone da penalizzare, la P2 ha lavorato a lungo per criminalizzare Tp per la strage. Già il 5 agosto l'agente degli americani e confidente del Sismi Amos Spiazzi, già inserito nel tentativo golpistico della Rosa dei venti in un’intervista all’Espresso invita a prendere per buona la rivendicazione firmata da uno strano Terzo Potere, e dice che da questa sigla si dovrebbe arrivare, leggendo meglio, a un altro tipo di organizzazione. Poi indica come personaggio pericoloso nell'area militare di estrema destra un professore siciliano di nome M., che sta tentando di riunire tutti gli spezzoni dei Nar. Un mese dopo viene ucciso Mangiameli e il cadavere viene ritrovato per puro caso perché viene dragato il laghetto nel quale era stato nascosto con pesi sotto le ascelle. Il disegno evidente era di non fare più trovare il cadavere, Ciccio sarebbe dovuto scomparire e gli si sarebbe dovuta affidare l'esecuzione materiale della strage di Bologna. Chi incarica Spiazzi di indicare Mangiameli aveva interesse a usarlo in funzione della criminalizzazione stragista di Tp. Fioravanti  si è prestato chiaramente a questa manovra e d'altra parte non ha mai saputo giustificare il fatto con i suoi compagni di lotta. Ha detto una volta che aveva rubato 600mila lire, un'altra che era arrivato tardi, un'altra ancora che era antipatico. Tutte ragioni piuttosto folli a cui nessuno ha creduto, tanto è vero che dopo il delitto la maggior parte dei suoi dubitava di lui, pensando fosse pazzo”.

La fantasia dei “pentiti” si è sbizzarrita per dare un senso a questo delitto scellerato: Ansaldi riferisce che secondo Cristiano Mangiameli fu ucciso perché si era appropriato di 40-50 milioni mentre per Adinolfi e Spedicato la causale era che nei suoi rapporti con Valerio, Ciccio si era accorto che questi agiva in una doppia posizione: militante dei Nar e uomo di Signorelli, Semerari e della P2. Cristiano collega invece l'omicidio ai rapporti strani tra il fratello, la vittima e l'omicidio Mattarella. Secondo Izzo, infine, il professore siciliano era il contatto tra Valerio e gli ambienti massonici, anche tramite un ex-picchiatore palermitano Davide, autore del sequestro Mariano, diventato mafioso. In questo sottobosco collegato alla Dc avversa a Mattarella sarebbe nata la commissione, affidata a Valerio tramite la banda della Magliana. Izzo riferisce una fantomatica confidenza: ha ucciso Mangiameli perché non si fida di lui sull'omicidio del presidente della Regione Sicilia. Oggi una sentenza giudiziaria ha stabilito che si è trattato di un puro delitto di mafia: una delle tante calunnie del “mostro del Circeo”. Ma anche le diverse motivazioni addotte dagli accusati finiscono per persuadere la magistratura di Bologna che era vero quanto sostenuto a caldo nel primo volantino di Tp: Mangiameli è l’ottantacinquesima vittima della strage della stazione. Sordi, a sua volta, riferisce che Vale, partecipe del delitto, non aveva saputo giustificarne le ragioni con Nistri. Quest’ultimo, comunque, arriva alla conclusione che  “la sua partecipazione al fatto, pur se materiale, non poteva essere considerata "volontaria", in quanto nell'episodio era stato indubbiamente trascinato, in virtù anche della sua giovane età, dai due Fioravanti, e messo in condizione, a cose praticamente fatte, di non potersi più tirare indietro. Lo dimostrava anche il fatto che pochissimi giorni prima dell'omicidio, aveva mandato a dire a quelli di TP di non far venire Mangiameli agli appuntamenti con gente dei Nar perché Valerio era intenzionato a ucciderlo. Per quale motivo questo avvertimento non sia stato preso sul serio ancora non me lo spiego, probabilmente fu superficialità e/o sottovalutazione del personaggio Fioravanti”.

2 commenti:

  1. interessante sarebbe un intervento di V. Fioravanti visto ke alla fine anke Lui avra' una sua verita'..

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  2. Il problema è Fioravanti in questo caso ha raccontato molte verità ma la sua posizione conclusiva è quella da me riportata: l'abbiamo sopravvalutato, l'abbiamo ucciso per paranoia.

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